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Hub09 Brand People

Il social è femmina. E a volte fa anche molto ridere!

di Alice Maccario -
in Social & Marketing il 10 Novembre 2017

Siete donne, ma non siete sempre in preda agli ormoni preciclo, sapete guidare e – uditeudite! – amate anche ridere, checché ne pensino gli uomini?

Oltre a fare la ruota anche in quei giorni – come smacco in più – invitate tutti i maschietti che conoscete nel magico mondo del social al femminile. Scopriranno un universo variegato e divertente, fatto di donne forti, diversissime tra loro e con tanto da dire.

E voi, siete già tra le fan di queste pagine? Ve ne consigliamo due di cui non potrete più fare a meno e, nelle prossime settimane proseguiremo il nostro viaggio nel mondo web al femminile.

Cosa succederebbe se mettessimo insieme 50 cervelli femminili, provenienti da tutto il mondo, a scrivere quotidianamente su una pagina Facebook unite nel sacro nome della risata?

A parte il caos primordiale, la risposta è Syndrome Magazine! Syndrome è una rivista online nata da un’idea dell’italiana Charlie Syns (sì, il nome è di fantasia come moltissimi dei nickname utilizzati a firma di articoli e battute) che ogni giorno utilizza la satira per accendere i riflettori su quello che va e non va nel mondo, ma anche per raccontare il mondo femminile da un punto di vista interno.

Un po’ di tutto, insomma, sempre all’insegna del rosa:

Perché la scelta di questo nome? Perché, per l’universo, noi donne abbiamo costantemente la sindrome di qualcosa: un’ottima scusa per essere tagliate fuori dalla Storia, quando sappiamo benissimo che potremmo cambiarla in meglio. Modestamente.

Non è una testata femminista, è un coro in cui a volte qualcuna parte per la tangente e fa il suo assolo. Le altre sono lì a dirle che ha steccato o magari si tappano le orecchie, ma spesso sopportano pensando che in fondo anche Carla Bruni canta. Quel che è certo è che la lasciano fare perché è più importante la pluralità di voci che la perfezione.

Il tentativo è quello di parlare a tutte le donne attraverso la sensibilità di alcune di loro, ma non di donne comuni perché – come dice la stessa Charlie- «la donna comune non è mai esistita. Nessuna donna è comune o uguale ad un’altra».

Se consultare ogni giorno le loro pagine (sì, perché ce n’è anche una in North America) e i loro profili Twitter e Instagram vi fa stare bene, scommettiamo che il libro “SYNDROMI A CASO* E COME CURARLE: * volevo dire ‘a cazzo’. Dannato correttore!” entrerà nella vostra top ten. E le autrici [di cui potrei – dico “potrei” – far parte] promettono che presto uscirà un volume 2!

Attenzione, però: non è per tutte. Se avete la flessibilità mentale di Trump con Pyongyang lasciate stare, che non s’offende nessuno.

Potrebbe invece interessarvi un altro progetto editoriale, 100% social, che da qualche mese è sbarcato in rete per parlare di “freedom” al femminile: da cui il nome Freeda che riecheggia anche quello di Frida Kahlo, una donna autonoma che più autonoma non si può!

Fondato da Andrea Scotti Calderini (un uomo!) e da Gianluigi Casole (due uomini!) con l’obiettivo di “diventare la voce più forte e indipendente delle donne tra i 18 e i 34 anni”, quello cerca di fare è di tirare fuori il meglio da ognuna di noi attraverso le storie di grandi personalità femminili, la divulgazione di ricerche scientifiche e approfondimenti culturali ma anche attraverso interviste a persone comuni e di tutte le età. Perché a tutte le età si può cambiare il mondo:

In questo senso, il progetto ha sicuramente un’impronta molto diversa, e vira apertamente sul femminismo.

Non sono mancate critiche nei mesi scorsi, ma moltissimi sono stati i consensi. Se non avete ancora un’idea precisa sul tema e se volete approfondire l’argomento anche dal punto di vista maschile, ecco un video che potrebbe essere interessante guardare:

I  contenuti di Freeda sono fruibili su Facebook e Instagram, anche se presto potrebbero aggiungersi YouTube e Snapchat; gli articoli sono condivisi come Instant Articles su Facebook, anche per andare incontro alle modalità di fruizione del target coinvolto.

Il progetto è giovane ma ha già raggiunto il milione di fan. Non si può, da brave donne amiche delle donne, che augurare loro di continuare così!

Come dicevamo, il panorama delle pink-naute non si esaurisce certo qui: Syndrome Magazine e Freeda sono tuttavia l’esempio perfetto di come possa essere raccontato il mondo femminile, lontano da luoghi comuni e castrazioni non solo figurate.

In un mondo in cui il social è sempre più parte integrante delle nostre vite, anche da lì è importante passare per lasciare uno spunto, una riflessione, una battuta anche amara per “complessizzare” la realtà, anche per quanto riguarda le questioni di genere.

“Complessizzare” è una parola che mi piace tanto… non so nemmeno se esiste nell’accezione di “rendere la realtà per un attimo più complicata solo per poterla poi rendere migliore”.

In fondo, chi se ne frega non esiste il termine, l’importante è che esista il concetto e un gruppo nutrito (sì, si nutrono e non badano troppo alla linea) di donne che si preoccupano di farlo vivere fuori e dentro la rete.

 

 

 

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