La SquadraCorse è un progetto nato al Politecnico di Torino. E’ interamente gestito da studenti, che in autonomia costruiscono ogni anno un prototipo di una monoposto per partecipare alle gare di Formula SAE, una competizione riservata ai giovani team di ingegneri universitari sparsi per il mondo. Nel 2012 si sono classificati settimi nel ranking mondiale, producendo una vettura elettrica. Li abbiamo incontrati nella loro sede di Torino e abbiamo fatto una chiacchierata con Maria di Napoli, team leader e responsabile dello sporting direction, e con i responsabili delle singole division di SquadraCorse.
Quando è nata la Squadra Corse e come siete organizzati?
Tutto è cominciato nel 2005 e oggi siamo più di settanta. L’organico non è fisso, ma si rinnova ogni anno. Lo spirito del progetto è che il know how si tramanda di anno in anno e permette un agile rinnovamento della squadra.
Quindi del gruppo originario non è rimasto nessuno?
L’unico membro stabile nel corso degli anni è il faculty advisor, il professore che gestisce l’attività. E’ la figura di riferimento accademico, che però per questioni di regolamento non può intervenire troppo nella produzione del veicolo. Ad esempio non può né progettare né produrre niente della macchina.
L’attività della SquadraCorse è parallela a quella di studio?
Va in parallelo al corso di studi e ha solo un ridotto valore in termini di crediti formativi. In questo, ad esempio, siamo diversi dai team tedeschi, dove chi si dedica alla squadra ha, a livello accademico, un riconoscimento maggiore di quello che abbiamo noi, e alcuni periodi durante il percorso di studi interamente dedicato a questo progetto.
Come si forma un team?
Il team si forma nel mese di Ottobre, tramite recruiting: gli studenti che hanno maturato una certa esperienza si occupano della formazione dei nuovi arrivati. Si comincia con l’apprendimento dell’utilizzo dei software e si finisce con la realizzazione del prototipo vero e proprio. Detto questo, ogni anno fa storia a sé. Per esempio nel 2013 siamo arrivato lunghi col prototipo e allora abbiamo deciso di continuarne lo sviluppo per le gare del 2014, sfruttando il maggior tempo a disposizione per impostare anche il progetto dell’auto 2015.
Come siete organizzati?
Siamo organizzati in tre division: elettronica, meccanica e sporting direction. Le prime due sono ovviamente più attive nella realizzazione del prototipo, mentre la sporting direction si occupa maggiormente del marketing, della ricerca sponsor e della logistica delle gare. A parte Fiat, che è l’unico vero e proprio finanziatore del progetto insieme al Politecnico, gli altri sponsor ci danno una mano con degli sconti sulle forniture e per le lavorazioni. Considerato che partecipare a una gara significa portare venti persone e una macchina in giro per l’Europa e che le gare durano in media quattro o cinque giorni e partecipiamo a tre o quattro eventi ogni estate, organizzarsi è una questione vitale.
Qual è l’aspetto che vi piace di più di questa impostazione?
E’ uno dei pochi casi in cui non ci si ferma alla teoria pura ma si cerca di realizzare qualcosa di pratico e tangibile. E poi, oltre al piacere personale di creare qualcosa con le proprie mani e le proprie capacità personali e di team, è anche un’esperienza che ha il suo peso nella ricerca di un lavoro dopo l’università.
Come funzionano le gare?
Sono gare di tipo ingegneristico, che si basano su un confronto con una giuria composta da esperti provenienti dal mondo automobilistico e dal motorsport. Una parte della gara è dedicata alle performance del veicolo e alle scelte di design; un’altra parte al cost event, per valutare i costi effettivi della realizzazione della macchina; e al business plan, dove si simula la creazione di una start-up che produrrà la macchina per inserirsi nella Weekend Competition Market e dove i giudici ricoprono le vesti di potenziali investitori da convincere. E infine ci sono le quattro gare su pista, cui partecipano quattro diversi piloti: endurance, acceleration, skidpad e autocross.
Come comunicate?
Attraverso il sito e la pagina Facebook. Quest’anno faremo una sorta di newsletter per gli sponsor, disponibile sul sito. In realtà la maggior parte della comunicazione è concentrata nel periodo del recruitment, che è la parte più delicata perché condotta secondo necessità del team e in base alla competenze dei candidati. Questo significa che per quanto sia un progetto interno all’università, il posto bisogna conquistarselo con le proprie capacità, non perché lo prevede il piano di studi. Ed è una bella sfida per chi vuole lavorare in questo settore.